Amministrative 2009: sei punti per costruire insieme la città di domani



Qual è l’attuale stato di salute di Campi? È questa la domanda dalla quale intendiamo partire. Quello che salta immediatamente agli occhi, prima ancora di analizzare nello specifico il contesto, è che questa è una città senza anima. E come un corpo privo di anima, Campi muove i propri arti in maniera disorganica e convulsa: una gamba non segue l’altra, così ne viene un movimento informe e senza direzione.

Cosa si può fare di fronte a un corpo privo di anima? Due sole cose: o imbalsamarlo o ri-animarlo. Ebbene, attraverso la sfida di Campintesta vogliamo trasmettere alla cittadinanza, prima ancora delle nostre discutibili capacità di affrontare determinate problematiche, tutta la nostra volontà e la nostra passione nel voler rianimare Campi, nel voler vederla rinascere, sicuri che tale impresa, sebbene ardua, non solo è possibile, ma anche realizzabile!

Capovolgere le dinamiche tradizionali: pensare con la testa.
Con un costume ormai di moda nella nostra città, pare che a Campi le liste si facciano “dal candidato-sindaco in giù”, cioè: prima si sceglie il nome del Leviatano di turno, lo si santifica, lo si impone, e poi si dà il via al teatrino degli “incontri di coalizione” ma solo a cose fatte, col solo scopo di fare valere le proprie ragioni e la propria (presunta!) forza elettorale. Solo alla fine, semmai, si pensa ad imbrattare un foglio con un programma ultra-condivisibile, che tiene contenti tutti, ma che, appunto, non mira a “ri-animare” il paese. Queste logiche sono l’assurdo approdo di una “politica capovolta”, sono l’espressione, non già di progettualità, ma solo di ambizione, esibizionismo e povertà ideale.
Ecco, questa politica capovolta, noi abbiamo l’obbligo ri-capovolgerla intanto nei metodi: già questa sarebbe una grande vittoria elettorale! Quello che auspichiamo non è niente di scandaloso: è un desiderio, per dirla con certi signori del ‘400, di “ritorno ai principi”. Chiamiamolo pure desiderio “radicale”, nel senso di “ritorno alle radici”. E le radici di una città sono i cittadini, con i loro bisogni, le loro aspettative e soprattutto le loro idee. Tradotto: per costruire le coalizioni e le liste, prima d’ogni cosa occorre ragionare sulle idee di cambiamento, sulle progettualità lungimiranti e sul sentire dei cittadini.
Abbiamo esempi di comuni ai quali ispirarci, pratiche già adottate e risultate valide? Sicuramente si, e la cosa sorprendente è che non occorre fare nemmeno dei salti cronotopicamente giganti: non occorre, cioè, guardare tanto lontano nel tempo e nello spazio per trovare dei lumi: un valido esempio da cui trarre linfa vitale è senz’altro quella stagione di profondo cambiamento civile che si era avviata, e poi malamente interrotta, poco più di un decennio fa proprio a Campi Salentina. Ci riferiamo a quella entusiasmante esperienza avutasi nella metà degli anni ’90 con le amministrazioni del centro-sinistra: molte ottime idee inerenti lo sviluppo cittadino (economico, urbano, sociale, culturale) sono da ricercarsi lì. Non è un caso, infatti, che furono proprio quegli anni a manifestare una inedita rigogliosità del tessuto cittadino in generale e della cultura giovanile in particolare, a quel tempo feconda e innovativa come non mai nella storia del nostro comune.
Da debellare, invece, sono quei folli meccanismi di personalismo la cui virulenza ha contagiato anche chi un tempo vi si opponeva: individuiamo in ciò una determinate concausa che ci ha condotti, piuttosto rapidamente, nella stagnante situazione che oggi subiamo.
Campi in testa, allora, cosa vuol dire? È la nostra idea di pensare la città con la testa, è uno “stile di pensiero” e, allo stesso tempo, il desiderio di rendere la “questione Campi” una priorità, di metterla “in testa” appunto, cioè “al di sopra di ogni altra cosa”, in primo luogo sopra ai personalismi che l’hanno dissanguata. Al di sopra, quindi, di quelle dinamiche che hanno reso questa città una città “senza anima”.
Campi in testa, diciamo ancora, è un habitus politico nuovo che mira a capovolgere le tradizionali e nauseanti logiche di un equilibrio politico che si regge solo sui nomi, sui rapporti di forza e sui gruppi di interesse: noi vogliamo che le fondamenta della città di domani siano ben solide ed il terreno sul quale edificarle non può essere che quello delle idee.
Campi in testa, quindi, si fa luogo di condivisone di idee, progettualità più o meno ampie o anche semplici proposte migliorative per la vita di Campi: uno spazio dove far convergere la creatività dei cittadini, un terreno fertile dove coltivare le proposte intelligenti per la crescita della comunità, uno strumento per veicolare le idee che germogliano per le strade e non ammuffiscono nelle segreterie dei partiti.
Campi in testa è una sfida che vale la pena affrontare.

Politica: un impegno volontario



Al primo posto dell’elenco di sei punti programmatici di Campintesta c’è la questione dell’impegno politico e del rapporto con le istituzioni.
In questi ultimi tempi molto spesso si è parlato di “casta”, di costi elevati della politica, di politica come mestiere. Riteniamo che questo argomento si di estrema attualità anche a Campi.
Uno dei primi provvedimenti dell’attuale amministrazione nel lontano 2001 fu quello di triplicare le indennità di carica di sindaco, vicesindaco e assessori, quello di portare gli assessori da sei a sette, quello di istituire la figura del Presidente del Consiglio Comunale.
Eppure non esiste alcuna legge o alcun regolamento che obblighi le amministrazioni comunali a far si che gli assessori ricevano un’indennità, a far si che gli assessori siano cosi tanti e che così tante siano le persone sul libro paga del nostro Comune, pur non facendo un lavoro, ma facendo semplicemente gli amministratori, facendo politica.

In questi anni questa è stata la linea conduttrice di questa amministrazione. Basti pensare che praticamente tutti i candidati si sono alternati nel ruolo di assessori, accontentandosi spesso di deleghe ridicole e di mandati di uno o due anni. Basti pensare all’assessorato alle politiche giovanili che dal 2001 a oggi ha avuto ben sei titolari diversi, ciascuno dei quali è durato poco più di un anno.
Come si fa ad amministrare e a fare scelte importanti per la comunità in un anno?
E come si fa ad avere una giunta in cui tutte le deleghe più importanti, come lavori pubblici, urbanistica, pianificazione del territorio sono tutte nella mani del sindaco o di un suo stretto collaboratore?
Una così alta concentrazione di competenze nelle mani di pochi, come può giovare a Campi?
La politica deve essere condivisione e sintesi, nel senso che tutti devono portare il loro contributo e si deve giungere alla sintesi e non deve essere la condivisione della decisione presa da uno o da pochi per non perdere lo stipendio.

Quindi la nostra proposta è quella di capovolgere radicalmente questa visione della politica.
Una politica che innanzi tutto si basi sul principio della competenza, del volontariato e del rinnovamento.
Competenza nel senso che devono essere abbandonate le logiche di partitiche che vogliono una persona in un ruolo solo perché è di quel determinato partito.
Volontariato nel senso che proponiamo l’abolizione delle indennità di carica per sindaco e assessori, portando un risparmio di almeno 150 mila euro.
Basti pensare che attraverso questi tagli si può avere un abbattimento dell’addizionale comunale IRPEF.
Rinnovamento nel senso che crediamo che Campi abbia bisogno di un forte rinnovamento nella sua classe dirigente. Figure nuove di giovani o di meno giovani, in questo caso l’età non c’entra, la giovane età non deve essere una discriminante per chiedere spazio. Penso a personalità importanti della nostra città, a professionisti, a cittadini impegnati da anni nel volontariato e nell’associazionismo che rendono un servizio preziosissimo alla comunità. La politica non è solo dei partiti. I partiti sono uno degli strumenti, forse quello più tradizionale di fare politica, ma essi non possono fare a meno di ascoltare le esigenze di altre strutture e non possono rimanere (come lo sono stati negli ultimi tempi) centri di potere volti a garantire il riciclo sempre delle solite persone in ruoli diversi. Quindi i partiti si aprano davvero alle esigenze e questo lo si fa capovolgendo gli schemi e le logiche che purtroppo oggi anche molti giovani seguono.
Questo affinché la politica torni a essere, come diceva Don Milani nella sua “Lettera ad una professoressa”, affrontare tutti insieme i problemi, cioè partire dai bisogni della comunità.

Ambiente: il volano dello sviluppo



Siamo stati abituati a concepire quello dell’ambiente come un guaio da risolvere, conosciamo tutti il problema dei rifiuti campano o le impressionanti emissioni della centrale di Cerano (più o meno 41.000 T di CO2 al giorno), pensate a un palloncino pieno d’aria pesante 40.000 T!!!

Non siamo invece abituati a vedere i necessari cambiamenti, come una risorsa.
Qualche anno fa, avendo letto di una iniziativa che incentivava l’uso dell’energia solare, scoprì che tutti in Europa consideravano il sole come una risorsa da sfruttare, e tutti concordavano sulle potenzialità del SUD ITALIA!!, ogni calcolo sui tempi di ammortamento di un impianto fotovoltaico vedeva la nostra zona primeggiare.

E’ ora che anche noi sfruttiamo questo sole per produrre energia e GUADAGNARE.
Faccio un esempio pratico. Un impianto per una utenza domestica oggi si installa con meno di 20.000€ e si ammortizza in 8-10 anni; (il Conto Energia, gestito dallo Stato, è facilmente finanziato dalle banche ) dopo, NON SOLO NON SI PAGA PIU’ L’ELETTRICITA’ CHE SI CONSUMA, MA SI INIZIA ANCHE A GUADAGNARE QUALCOSA!!! In più si ha la soddisfazione di non nuocere al territorio ne’ a se stessi.
Questo ragionamento se fosse applicato dal COMUNE DI CAMPI permetterebbe, ad esempio, con un investimento iniziale di circa 4 MILIONI DI EURO, di costruire un campo fotovoltaico di potenza sufficiente ad alimentare TUTTA L’ILLUMINAZIONE PUBBLICA della Città (RISPARMIANDO ogni anno ben 250.000€) e dopo CIRCA 9 ANNI DI GUADAGNARCI PURE discretamente(CIRCA 400.000€ ANNO)!!!!

Gli altri comuni
Sono gia tanti i comuni che rispettando l’ambiente riescono a risparmiare, il comune di Specchia dal 2002 ha installato una pala eolica da 660kw, ed ha intenzione di impiantarne altre coinvolgendo i cittadini che possono dientare azionisti dell’impianto.
I comuni di MINERVINO di Lecce E SCANDIANO (EMILIA ROMAGNA) stanno sperimentando l’illuminazione pubblica a LED(questi ultimi permettono minori consumi, maggiore durata, un più efficace contenimento dell’inquinamento luminoso); il comune di TORRACA (CAMPANIA) ha addirittura convertito tutto il paese alla nuova tecnologia dichiarando un risparmio di ben il 60% sui consumi:
E I DATI PARLANO CHIARO, SONO PASSATI DA:
• 11.100kw DI nov. 2006
• A 5.700kw DI nov. 2007
Il principio del risparmio amico del pianeta, ovviamente si può applicare anche agli edifici pubblici, sia con impianti fotovoltaici che con sistemi di riscaldamento con pannelli solari termici (che permettono una forte riduzione dei consumi di metano), e anche questi ormai sono largamente diffusi e collaudati.

La raccolta differenziata
L’altra nota dolente, e assolutamente alla ribalta negli ultimi tempi, riguarda lo smaltimento dei rifiuti.
NON CI POSSIAMO PROPRIO PIU’ PERMETTERE DI CONTINUARE A BUTTARE TUTTO IN DISCARICA:
• è un problema di salute pubblica (forte pericolo di inquinamento delle falde, dei terreni, e dell’aria)
• è un problema di spazio (prima o poi anche noi termineremo gli spazi utilizzabili, da riempire di immondizie!!)
• è principalmente un problema legale - il decreto Ronchi del ’97 CI OBBLIGAVA A RAGGIUNGERE UNA DIFFERENZIAZIONE DI ALMENO IL 35% ENTRO IL 2006 CAMPI E’ AD UN MISERO 8,5% OGGI IL NUOVO TETTO CI IMPONE IL 65% ENTRO IL 2010!!!
Alcuni mesi fa è scoppiato il caso amianto nella ex manifattura tabacchi, si è formato un comitato di cittadini, (l’ARPA ha confermato il pericolo esistente), ne hanno parlato i giornali, ma dopo poco tutto tace nuovamente; in realtà il problema è ben più ampio e sarebbero tanti gli edifici della città, le campagne e le periferie a necessitare di una bonifica da questo pericolosissimo rifiuto.
Come abbiamo visto per la produzione di energia, anche nell’ambito della raccolta dei rifiuti, sono moltissimi gli esempi di cittadine che SENZA TRAUMI HANNO TRADOTTO UNA INCOMBENZA IN OPPORTUNITA’; ed ora riescono ad abbattere la tassa sui rifiuti; sono realtà vicine a noi come Melpignano, che raggiunge il 70% di raccolta differenziata; il comune di Piane Crati (Cosenza) in Calabria ha raggiunto il 93% di raccolta diff., è stato premiato da Legambiente, in quanto comune “Riciclone 2008”. (ora sta valutando un metodo per calcolare la TARSU sugli effettivi rifiuti prodotti, piuttosto che sui metri quadri)

L’osservatorio ambientale
In fine un accenno spetta anche all’Osservatorio Ambientale, costituito nel 2001 dalla Provincia di Lecce, dal Comune di Campi e dall’Università di Firenze, con la collaborazione dell’Università e del CNR di Lecce, con lo scopo primario di monitorare l’inquinamento atmosferico, questo osservatorio che ha tre centraline di rilevamento (a Campi, Lecce e Maglie) ha prodotto in materia una sola pubblicazione nel 2003, poi più nulla.
Per concludere è necessario che l’impegno verso l’ambiente sia OBIETTIVO PRIMARIO di ogni amministrazione locale, che alle parole seguano atti concreti, poiché il territorio e le persone già mostrano importanti segni di deterioramento.

Cultura: il nutrimento della comunità



La parola cultura nell’avvicendarsi del tempo ha svelato molteplici significati che scaturiscono quasi sempre dall’uso che della produzione culturale si fa nella società.
Si parla di cultura alta se ci si riferisce ad una fruizione elitaria delle manifestazioni culturali appannaggio di determinate classi sociali. Si parla ancora di cultura popolare se ci si riferisce di contro ad una dimensione propulsiva e partecipativa di altre classi sociali.
Il punto di partenza di questa riflessione vede un anacronismo di fondo nel considerare nella nostra società il concetto di cultura legato all’idea di classe sociale, perciò astraendo il senso dell’espressione “cultura” proponiamo una definizione onnicomprensiva della parola che può esserci utile per avviare la riflessione seguente.
La cultura si riferisce al lato espressivo della vita umana - comportamenti, oggetti, e idee che possono essere visti come esprimenti, o rappresentanti qualcos’altro”. (a questo proposito cfr W. Griswold, Sociologia della cultura, Il Mulino, 1997).
Il lato espressivo della vita umana, della vita di tutti i giorni, della nostra vita si svolge all’interno della dimensione comunitaria nella quale esprimiamo comportamenti oggetti e idee quotidianamente. Nel caso specifico della comunità che analizziamo il territorio si circoscrive ad un campo di osservazione ristretto che è quello della nostra cittadina. Viviamo a Campi ed esercitiamo il nostro vissuto culturale in questo territorio.
Campi è il terreno di osservazione privilegiato per chi come noi qui è cresciuto, vive e proietta il suo futuro lavorativo e relazionale.
Ma cosa vuol dire dunque parlare di cultura a Campi?
Dal nostro punto di vista vuol dire parlare di valorizzazione delle espressioni culturali che su questo territorio vengono prodotte e fornire libero accesso all’informazione globale attraverso strumenti e servizi al passo con il tempo che viviamo.
Vuol dire dunque immaginare luoghi in cui espletare e far convergere creatività a livello locale e confronto con le istanze culturali contemporane.
Vuol dire supportare economicamente l’attività culturale prodotta dai cittadini di questa comunità attraverso forme di finanziamento pubblico per la libera partecipazione alla vita culturale della comunità e per la libera fruizione di progetti per la crescita e lo sviluppo del territorio.
Tutto questo può realizzarsi solo se si creano le basi per lo sviluppo di libere attività culturali che partono dal basso e che sviluppano scenari di cultura partecipativa attraverso le seguenti proposte operative:

  • libero accesso ad internet;
  • emeroteca per la consultazione e la raccolta di giornali quotidiani e periodici;
  • mediateca per la raccolta e consultazione di programmi video e documenti sonori;
  • spazio adeguatamente organizzato per accogliere l’utenza e promuovere la lettura l’ascolto e la visione di prodotti culturali;
  • servizio di abbonamento a riviste di settore la cui scelta e sottoscrizione può e deve essere attivata su richiesta dell’utente;
  • servizi per ragazzi per la promozione della lettura e dell’autoformazione.

Urbanistica: una città a misura d'uomo



Innanzitutto parlare di urbanistica non significa parlare esclusivamente di parametri tecnici, di indici, di piani regolatori, di leggi, ma soprattutto, significa parlare dell’idea di città che ci immaginiamo a partire sia dallo spazio fisico, che dal sistema di relazioni che strutturano i luoghi del nostro vivere quotidiano.
Due aspetti estremamente correlati che appartengono, in particolare, alle figure proposte dall’urbanistica riformista degli anni’60, di cui un tracciato evidente si può riconoscere ad esempio, a partire dalla rivista Spazio e Società diretta per lungo tempo da Giancarlo De Carlo.

Per parlare di urbanistica a Campi, quindi, è necessario partire da questi presupposti nell’analisi del contesto, ed in particolare è necessario partire da un assunto:
é indubbio che in questi ultimi anni questo paese sta cambiando, forse sta cambiando più velocemente e più radicalmente di prima, e questo rende necessario interrogarsi su quale sia la natura di questo cambiamento, quali siano i caratteri di tale trasformazione.

In primo luogo, Campi sta cambiando sia da un punto di vista sociale che economico, ed in particolare stanno cambiando le pratiche d’uso del territorio, il sistema dei valori dei cittadini: sta cambiando la nostra quotidianità, o come asseriva Roland Barthes negli anni ’70, durante il ciclo di lezioni tenute al Collage de France di Parigi, titolate Comment vivre ensemble 76/77, stanno cambiando i nostri idioritmi.
Cambiamenti che avvengono in concomitanza con tutti quei fattori di origine esogena che la globalizzazione comporta e che inevitabilmente avvolge il nostro tempo e trasforma i nostri usi e costumi, producendo fenomeni ormai noti come il consumo di massa, l’omologazione delle idee, ecc.

Assistiamo così anche qui, in un piccolo paese del sud, al mito dello sviluppo a tutti i costi, alla rincorsa del mercato globale o anche, all’incapsulamento delle nostra identità, trascurando probabilmente le specificità locali, gli sforzi delle genti che abitano (nel senso più ampio del termine) questa comunità.

Ad uno sguardo ravvicinato, inoltre, possiamo cogliere alcuni tratti distintivi di ciò che a Campi sta succedendo negli ultimi anni: lo sviluppo della piccola e media impresa, alcune interessanti esperienze artigianali, alcuni più rari, esperimenti di riconversione dell’agricoltura o di variazioni d’uso dell’ambiente rurale, sino all’escalation dei piccoli locali del gusto, delle boutique, dei servizi e di tutta l’area commerciale.
Microtrasformazioni, dal carattere incrementale, posizionabili all’interno del campo della mobilitazione individualistica o, per dirla più semplicemente, del campo delle azioni di trasformazione dal basso.

Indizi, comunque, che focalizzano una sorta di progetto implicito – parafrasando Giuseppe De Matteis - del futuro di questo paese. Indizi, che lo collocano anche a svolgere funzioni attrattive di più larga intensità, che si riverberano anche al di fuori dei propri confini puramente amministrativi.

In secondo luogo, Campi sta cambiando anche da un punto di vista fisico. Sono evidenti le trasformazioni che interessano i luoghi della nostra quotidianità e gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: assi urbani che man mano si trasformano da strade ad uso residenziale a minuti elementi commerciali; abitazioni del centro storico che vengono ristrutturate e riconquistano la dignità ed il pregio di un tempo, sfuggendo ad un lungo periodo di degrado, lasciando in qualche caso il posto a sporadiche riconversioni d’uso dal gusto più o meno raffinato; la campagna, non essendo più il pilastro produttivo del passato, diventa l’orto al di fuori dell’abitazione, il luogo delle seconde case o nuovamente la sede di residenze estive, o anche il luogo dove ritrovare una pausa al rifugio dalla foga urbana, diventa, infine, lo spazio per le prime esperienze di ricettività turistica nel verde.
Questo paese, inoltre, cambia fisicamente attraverso svariate operazioni immobiliari, che ripropongono uno dei sogni degli anni ’80 della casa per tutti all’interno delle grandi speculazioni edilizie. Anche se in scale differenti, si può osservare la nascita di questi patchwork urbani: edilizia asservita alle regole del mercato, dei trend immobiliari che si impongono con la loro soluzione standardizzata della tipologia edilizia, nella forma di una sorta di populismo architettonico e che occupando gli ultimi spazi edificabili delle previsioni di piano degli anni ’70, dettano in qualche modo, il prezzo dei suoli o dei manufatti architettonici.

Di fronte a questo excursus, sicuramente semplicistico, di un paese che cambia e che scopre nella sua specificità la globalizzazione, sorgono alcuni interrogativi di tipo politico, a mio modo di vedere, ineludibili.

Quali sono le risposte della attuale classe politica a queste forze endogene ed esogene di trasformazione?
Quale è l’idea di città che attualmente viene proposta?
Quali gli strumenti di governo del territorio predisposti?

Sicuramente il nostro paese è attraversato da una serie di interventi di iniziativa pubblica che giorno dopo giorno cambiano il volto della città.
Interventi che si distribuiscono in modo frammentato, a macchia di leopardo, restituendo un’immagine disarticolata delle politiche pubbliche sul territorio.
Interventi che pongono, inoltre, questioni di metodo nell’affrontare la complessità delle trasformazioni.
Scopriamo così, che le necessità prioritarie diventano i miglioramenti infrastrutturali della mobilità, secondo le ormai superate logiche del mancato sviluppo in assenza di infrastruttura. Paradossalmente il binomio infrastruttura/sviluppo, una delle principali figure del fallimento delle politiche di intervento straordinario, viene riproposto in una piccola realtà locale. Di conseguenza si interviene e si affrontano tali problematiche con la stessa arretratezza culturale.
Osserviamo la costruzione di rotatorie, che di per sé sono un valido strumento, ma si realizzano con le tecniche di oltre quaranta anni fa; invece di farle diventare dispositivi di integrazione di differenti modalità di trasporto, divengono piccole vetrine per allestimenti floreali alquanto eclettici con impianti di irrigazione superflui in un territorio ammalato per la mancanza d’acqua; a volte divengono bordi da schiacciare con il peso degli pneumatici del traffico pesante.
Non bisogna andare molto lontano per scoprire come altri paesi del Salento abbiano intrapreso politiche spesso all’avanguardia su questi temi: scelte semplici come l’uso di piante che non richiedono un’irrigazione continua oppure come l’utilizzo di bordi carrabili a livello strada.
Assistiamo inoltre, che è prioritario progettare raddoppi di carreggiata, probabilmente per mascherare errori di progettazione precedenti, come nel caso della zona PIP dove era prevedibile che un così alto numero di accessi lungo la statale 7ter, ad alto flusso veicolare, potesse creare difficoltà o situazioni di pericolo.
Scopriamo anche che diventa prioritario intervenire sugli spazi centrali del paese: i cosiddetti attrattori spaziali della socialità.
Spazi strategici all’interno del centro urbano che vengono “valorizzati”: penso alla piazza, al mercato coperto o anche alla villa comunale.
La valorizzazione diventa così per la piazza una grande isola pedonale, che spezza completamente gli equilibri pluriennali degli individui che la abitano, sia come residenza, sia come luogo del lavoro, che come luogo dello stare in pubblico, mettendo in crisi persino la riuscita stessa di un’opera pubblica così costosa.
Il mercato coperto diventerà un parcheggio, nonostante la sua posizione strategica nel centro antico, nonostante sia un importante spazio di relazione tra luoghi adibiti da tempo a spazi collettivi come la biblioteca e la Casa Prato, nonostante la carenza di verde pubblico nella città.
La villa comunale diventerà solo un restyling arboreo e floreale da guardare e mai da usare, oppure mero supporto per qualche altalena, come se il progetto di uno spazio per i piccoli abitanti si potesse ridurre ad una distesa di breccia su cui poggiare dei giochi pre-confezionati. E la grande lezione dei playground di Amsterdam di Aldo vanEyck negli anni ‘50?
Quale è il senso di queste operazioni? Quali sono i risultati attesi attraverso questi interventi così slegati?
L’impressione è che questi progetti siano solo strumenti di valorizzazione di un’azione politica, perché offrono tutti i limiti di un pensiero orientato alla visibilità dell’operare fisicamente sul territorio, di lasciare un segno tangibile della propria esistenza, come chi pensa di avvalorare la propria intraprendenza politica con le grandi opere.
Ma a campi le grandi opere si trasformano in piccole opere, che assumono l’aspetto di opere povere.
L’impressione è quindi che si proceda alla giornata, senza disegni complessivi, senza proiettarsi al futuro. La dimostrazione più evidente la troviamo infatti in un Piano Urbanistico mai approvato e che quando arriva lascia comunque spazio ad azioni individuali che si arrogano il compito di decidere per tutti.
Qualcuno ci ha mai chiesto cosa ne pensate di questo e di quel progetto? Semplicemente ci viene imposto dall’alto degli uffici pubblici.
Questi sono solo alcuni esempi, ma sono utili a mettere in luce quanto sia breve l’attuale sguardo della politica in questa città.
Forse è tempo di cambiare. Di percorrere strade nuove. Di ritornare ad essere un paese che guardi al suo futuro con dignità.
E’ tempo di ripartire dalla pluralità delle istanze che i cittadini pongono, di riflettere su come immaginare una nuova modernità per questo paese.
Immaginare nuovi equilibri, prestare attenzione alle differenti ecologie che si intersecano nel tempo, ripensare una politica degli spazi pubblici al di sopra della tragedia dei beni comuni che etichetta il Sud da lungo tempo.
Immaginare, ad esempio, che la propria strada possa diventare luogo dove incontrarsi, sostare, far giocare i figli, dove il marciapiede non sia una striscia intermittente impossibile da percorrere, dove l’asfalto non sia l’unico materiale visibile, ma lasci il posto anche alla permeabilità del suolo, a brani di spazi verdi, ecc.
Immaginare ad esempio di riutilizzare tutti i piccoli spazi pubblici disseminati ovunque, dalle corti del centro storico, agli spazi interstiziali abbandonati delle periferie, per farli diventare supporto della vita quotidiana. Spazi, magari verdi, diffusi, dove stare a chiacchierare e passare il tempo libero, come piccoli parchi dietro casa.
Immaginare che muoversi in bicicletta o a piedi non sia solo un esigenza, ma diventi una possibilità di conoscenza del nostro territorio, per riscoprirlo anche al di fuori dei propri confini, privilegiando le forme alternative di trasporto, secondo le innovative linee di pensiero dello slow-moving, predisponendo percorsi ciclabili o percorsi della salute.
Immaginando di leggere le nostre abitudini attraverso laboratori urbani aperti, percorsi partecipativi dove co-elaborare progetti, condividere idee, ricercare soluzioni.
Immaginare, infine, di aprire la nostra comunità ai concorsi di idee, legandoci maggiormente alla dimensione europea, per avere un ventaglio maggiore di proposte sicuramente di più alta qualità.
Queste sono solo alcune proposte per iniziare a discutere di urbanistica a Campi, per costruire un nuovo spazio fisico del walfare, per costruire gli scenari possibili per la nostra città.
Abbiamo tutte le potenzialità per non rimanere ai margini del mondo, per effettuare un salto di qualità abbattendo tutti i ritardi accumulati, per effettuare come direbbe Gianfranco Viesti, una grande svolta anche nel profondo Sud, oppure, con le parole di Franco Cassano, per non pensare il Sud alla luce della modernità, ma per pensare la modernità alla luce del Sud.

Sviluppo economico: partiamo dal territorio



Uno dei maggiori problemi di Campi è la disoccupazione, soprattutto giovanile, causata dalla marginalizzazione dell'agricoltura e dalla stagnazione o recessione dei settori produttivi.

Si rende necessaria una forte azione di rilancio dell'economia basata sulla riconversione culturale dell'imprenditoria e dei tanti giovani attratti vanamente dal miraggio del posto fisso.
Il Comune si deve dotare di un braccio operativo che sappia concretizzare in modo efficace gli indirizzi dell'organo amministrativo. Pensiamo a un rapporto di partnership con soggetti di provata capacità in grado di:

  • Promuovere e valorizzare efficacemente le risorse umane e le potenzialità attrattive del territorio;
  • Favorire l'attrazione di investimenti esteri;
  • Favorire la diffusione di una moderna cultura d'impresa orientata verso l'innovazione, l'utilizzo di
  • processi industriali automatizzati,l'uso delle fonti rinnovabili di energia;
  • Promuovere rapporti di partenariato fra imprese locali e nazionali/estere;
  • Promuovere la crescita verso mercati internazionali.
Un ruolo strategico potrà avere il centro servizi alle imprese di via Lecce, attualmente scarsamente o malamente ( e talvolta impropriamente)utilizzato. Ad esso va restituita la funzione per cui è stato pensato: quella di motore dell'economia cittadina.

Il centro servizi dovrà diventare incubatore di imprese, luogo di formazione e/o specializzazione di imprenditori e maestranze, centro di servizi comuni di progettazione, di affiancamento allo start-up, di marketing, di finanza, di utilizzo dei fondi europei, di acquisizione di commesse, di partecipazione a fiere, di messa in comune di impianti, centralino, vigilanza ecc. onde realizzare le necessarie economie di scala.

Attore principale di questo processo di rilancio dell' economia della città dev'essere il Comune non solo come organo politico di stimolo e indirizzo, ma anche come facilitatore dei processi attraverso,ad esempio, l'istituzione di un fondo di rotazione a sostegno dei progetti di investimento delle imprese, a cominciare da quelle ubicate nell'incubatore; oppure contributi mirati, tesi a favorire la nascita di una molteplicità di imprese giovanili nei settori dell'artigianato, dei servizi, della produzione e trasformazione agroalimentare con contestuale forte azione di sostegno e promozione delle produzioni agroalimentari e manifatturiere.

Welfare: un sistema di solidarietà sociale


Prima di affrontare il punto che abbiamo chiamato Welfare: un sistema di solidarietà sociale, è opportuno fare alcune considerazioni generali sull'idea di fondo che anima il progetto comunitario che vogliamo costruire insieme a tutti coloro che vivono in questo paese e che percepiscono, come noi, la drammaticità del suo declino.
Prendiamo in prestito le parole di Franco Berardi che a Bologna sta tentando con molte altre intelligenze vive di portare avanti un'idea diversa di sviluppo cittadino, per formulare quello che crediamo sia il nostro compito centrale nel prossimo futuro: ridefinire l'idea stessa di benessere. Non suoni come utopia perché proprio la dimensione piccola del nostro paese ci permette di sperimentare forme di vita comunitaria inedite e a misura di essere umano in qualunque fase della vita esso si trovi. Il nostro obiettivo è quello di elaborare un'idea di paese "aperto e vivo".
Declinare allora le politiche sociali che vorremmo in termini di apertura e vivibilità significa non ragionare per emergenze e problemi, ma immaginare un tessuto cittadino vivo che ha in sé gli anticorpi per rispondere ai disagi. Questo non significa in alcun modo ignorare l'esistenza di problemi sociali anche gravi sul nostro territorio, ma affrontarli in maniera sistemica, consapevoli che le politiche sociali non sono sinonimo di servizi sociali: buone politiche sociali, capaci di attivare e coordinare le risorse umane, culturali, economiche e sociali di un territorio necessitano di servizi sociali in grado di monitorare il territorio e coglierne i problemi e in grado di attivare le risorse esistenti per risolverlo. Facciamo un esempio aprendo una questione che a me sta molto a cuore. Riguardo alle coppie di fatto politica sociale significa il riconoscimento del diritto degli esseri umani a convivere secondo le geometrie da loro preferite e impegno del Comune a garantire uguali diritti alle convivenze non omologate. Mentre servizi sociali vuol dire innanzitutto erogazione di servizi per migliorare la qualità della vita attraverso la presenza di asili nido, ludoteche e luoghi di aggregazione libera come i parchi, ma anche case popolari, ma significa anche monitoraggio perché all'interno delle famiglie, qualunque forma esse assumano, non avvengano sopraffazioni e violenze, che non vi siano situazioni di miseria e povertà, che e qualora questi problemi si presentino attiva risorse e competenze per risolverli.
I servizi sociali sono la presenza di uno sportello a cui rivolgersi qualora si ha un problema di cui la comunità e le istituzioni possono e devono farsi carico. Uno sportello che potremmo immaginare come una banca del tempo, ponendo le istituzioni come garanti di quel meccanismo che in molti posti già funziona per cui ciascuno singolo, istituzione, associazione mette a disposizione della comunità competenze, abilità e capacità, in cambio di altre competenze, abilità e capacità.
Banca del tempo allora può significare davvero che l'assistenza domiciliare per i soggetti che ne hanno bisogno, soprattutto anziani e persone con diversi tipi di disabilità, può estendersi e divenire gratuita perché il Comune può fare affidamento non solo sugli interventi specializzati di cooperative e di assistenti sociali, di cui qui non si vuole assolutamente sminuire l'importanza, ma su una fitta rete di solidarietà sociale, costituita dai singoli che vedono nella propria comunità lo strumento attraverso cui migliorare la propria qualità della vita. Esempi concreti di come può funzionare una banca del tempo può essere la situazione per cui una persona anziana insegna il filet o il punto croce a una ragazzina in cambio del suo aiuto per innaffiare l'orto e spolverare i soprammobili... Direte voi che prima era così.... appunto quando la strada, la corte, la piazza non erano luoghi solo fisici ma espressione della socialità dell'intera comunità che su di essi si affacciava.
Proprio per questo il parco dietro casa è un'altra idea che ci parla di politiche sociali, perché gli spazi comuni sono la radici di questo modello di benessere sociale.
L'attenzione a questo tipo di spazi e questo tipo di comunità ci permette di puntare l'attenzione su uno dei limiti maggiori delle attuali politiche sociali. Esaminando il piano di zona per il triennio 2005-2007, in cui pure sono espresse progettualità e idee valide, colpisce l'ottica spesso distorta della costruzione delle politiche sociali, in cui gli utenti sono non soggetti della definizione di un servizio che li riguarda in prima persona, ma beneficiari di una elargizione monetaria o dell'erogazione di un servizio, costruito da professionisti ma mai da chi lo deve vivere. L'ottica deve essere invertita: i cittadini, gli utenti del singolo servizio devono essere coloro i quali esprimono i propri bisogni, a cui l'Ente risponde mettendo al lavoro esperti e membri del gruppo utenti disposti a collaborare, reperendo risorse e, infine, erogando servizi, pensati su misura di chi ne ha bisogno.
Dunque reti di solidarietà, consulte e assemblee tra istituzioni, singoli e terzo settore, nelle sue molteplici articolazioni, dalle associazioni di volontariato alle cooperative sociali e di produzione lavoro, per mettere a frutto le intelligenze vive della nostra collettività, le loro professionalità e competenze. Per creare un sistema di welfare, di benessere che sia complessivo, pensato a misura delle persone che lo vivono.
Perché questo sia possibile è necessario che l'ente pubblico si faccia garante del fatto che al suo interno non vengano attuate forme di ipersfruttamento e di utilizzazione truffaldina del lavoro precario, che esso vigili affinché i suoi partner facciano altrettanto, che le ditte appaltatrici non abbiano lavoratori in nero o che non subappaltino ad aziende che ne facciano uso.

La nostra iniziativa cittadina non deve proporsi semplicemente in termini di buona amministrazione, ma deve farsi carico della gravità estrema della situazione generale, e proporsi come officina delle idee per una nuova politica. Per parafrasare ancora Franco Berardi: ci batteremo per avere una città che voglia essere tenera e piacevole da vivere, lenta nei suoi ritmi di vita e veloce nelle sue intuizioni innovative, una città laboratorio, in cui sperimentare nuove forme di comunità.

La presentazione di Campintesta: Venerdì 4 luglio '08 in Piazza Libertà

Il volantino dell'iniziativa (clicca sull'immagine per ingrandirla).


Alcune foto della serata del 4 luglio (clicca su ogni immagine per ingrandirla).